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Montalcino protagonista dell’evento sulla contemporaneità del Brunello

Tre interpretazioni di Brunello di Montalcino si svelano sullo stesso versante, regalando diverse emozioni nei calici.

Si è concluso con entusiasmo e successo il primo ciclo dei nostri eventi dal titolo “Uguali ma Diversi” che ha visto in primo piano, per la quinta ed ultima serata del 2023, l’iconico Brunello di Montalcino. Tre aziende dall’approccio moderno nella lavorazione del Sangiovese grosso, con il massimo rispetto per il vitigno in una interpretazione personale del vino toscano consacrato in tutto il mondo per la sua indiscutibile qualità, anche grazie ai terreni ricchi di argilla e marna scistosa mista a galestri e a palombini (pietre calcaree) che conferiscono struttura, freschezza e longevità.

Ma prima dell’invenzione di questo vino ormai leggendario, nella zona era molto popolare e diffuso il “Moscadello di Montalcino”, un vino bianco dolce.
Sarà solo a partire dalla seconda metà dell’800 grazie alla genialità della famiglia Santi, che a Montalcino inizierà una vera e propria rivoluzione enologica (in abbinamento con un’altra rivoluzione, quella dei Garibaldini).  Nel 1840, Clemente Santi, noto farmacista, chimico ed esperto di scienze, fonda la “Tenuta Il Greppo” a 2 km a sud di Montalcino, coltivando il Sangiovese grosso, successivamente chiamato prima “Bruno” e poi “Brunello” per il suo colore scuro. Questo perché allora la regola per i vini italiani e soprattutto per i vini rossi toscani era: assemblaggio di uve diverse e consumo dei vini prodotti il prima possibile.  Clemente nota che il Sangiovese grosso prodotto nella zona di Montalcino risultava eccellente, invecchiando senza perdere qualità, ma anzi migliorando con l’età. Nel 1869, Clemente Santi presenta il suo rivoluzionario “vino rosso scelto (Brunello) del 1865” alla Fiera Agricola di Montepulciano, vinificato in purezza.

La sfida di Clemente consiste nel presentare un vino di quattro anni precedenti, un concetto rivoluzionario all’epoca. Fu suo nipote Ferruccio Biondi Santi (che decise di unire i cognomi di suo padre e sua madre) a selezionare nel 1978 un clone particolare di Sangiovese grosso BS11 coltivandolo nella Tenuta il Greppo e decise di vinificarlo in purezza ottenendone il vino rosso che sarebbe diventato uno dei prodotti più rappresentativi dell’enologia italiana nel mondo, il Brunello di Montalcino.

Come di consueto, un ricercato menù studiato ad hoc dal Ristorante Il Caminetto di Firenze, ha accompagnato la degustazione dei tre Brunello di Montalcino, vintage 2018. Annata fresca che ha fatto sì che venissero prodotti vini dalla struttura più esile, beva agile e slanciata, evidenziando fin da subito una buona bevibilità grazie ad un tannino più gentile e meno robusto. Le aziende protagoniste della serata sono state:

San Guglielmo, di Ilaria Martini – Podere Sanlorenzo di Luciano Ciolfi  – Querce Bettina della famiglia Moretti

Le tre aziende sorgono a pochi chilometri una dall’altra, sullo stesso versante sud-ovest, dove le altitudini importanti (circa 440-500 mt slm) e la vicinanza del mare, a soli 40 km in linea d’aria, permettono una perfetta maturazione delle uve e lo sviluppo di aromi straordinari, che si ritrovano nei calici. Tre espressioni di Brunello apparentemente uguali, in realtà molto diverse.

Abbiamo associato il vino di San Guglielmo, estremante fresco, succoso, raffinato, rappresentato dal frutto in primo piano, all’antipasto di Pecorino affinato in vinacce, fritto e servito su cruditè di pere, abbinamento che è stato apprezzato anche da diversi ospiti presenti. Tortelli di patate con sugo alla maremmana, ha trovato consensi con il Brunello di Sanlorenzo, per la sua nota speziata e la presenza di un frutto più scuro, maturo e ricco. Il vino di Querce Bettina ha sposato egregiamente il Brasato di Chianina IGP con purea di sedano rapa che, con la sua complessità e gusto marcato di sapori, ha saputo bilanciare molto bene il piatto grazie alla struttura del sorso e alla presenza di sentori terziari più evidenti, che hanno arricchito la beva. Questi, a grandi linee, gli abbinamenti più equilibrati secondo la maggioranza dei presenti, ma in verità si sono dimostrati tutti vini estremamente adatti a tutte le portate degustate, grazie alla loro versatilità e carattere gastronomico.

In chiusura, l’Assortimento di cioccolatini propria del ristorante, preparati dal Alessandra Aiazzone, ha sorpreso il pubblico. Quattro golose espressioni di cacao in un matrimonio perfetto con il consueto ospite di fine pasto, il Vermut toscano della Cantina Castelli del Grevepesa di San Casciano VP (FI), pregiato vino fortificato interamente prodotto con materie prime studiate e coltivate in azienda, dalla botaniche ricercatissime alla base di vino da Sangiovese. Una coccola caldissima.

“Siamo molto fieri di come il pubblico abbia partecipato e apprezzato questo primo ciclo di eventi sulla divulgazione e promozione della cultura enogastronomica che la nostra associazione porta avanti con passione ed entusiasmo”, afferma il Presidente Amos Cuscito “Ci auguriamo che anche con il nuovo anno, ci sarà grande partecipazione alle prossime attività a cui stiamo già lavorando” conclude.

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